Scienziati inconsapevoli. Le recensioni 📖 di Tuttolibri .
ienziati inconsapevoli. Lo sono i piccoli che, nel dilatare la praticabilità dell’intorno, misurano e modellano i passi consolidando intanto le mosse già compiute e acquisite, per poi vagliarne l’adeguatezza nei nuovi approcci. Così, sperimentano per esempio che ci vuole forza per spostare un oggetto e che l’attrito ne ostacola il movimento in relazione alla sua forma e alla superficie d’appoggio .
Natacha Quentin ha sbrigliato Luca Stronomo, che se la tira da genialoide per essere riuscito a infilarsi in 100% Bio, «L’unica webserie magica di tutto internet», un canale che videoracconta personaggi straordinari come fossero compagni di giochi.
«Ogni volta che vai in spiaggia, prenditi due minuti di tempo per raccogliere i rifiuti. Poi fatti un selfie e pubblicalo sui social, per ispirare altri a fare la stessa cosa. Ecco, sei diventato un artefice della campagna #2minutebeachclean, uno dei più di centoventi mila supereroi dichiarati che combattono la plastica e salvano gli oceani e i suoi abitatori».
Convinto che non si possa «Raccontare la storia senza capire il paesaggio fisico in cui si sono svolti gli avvenimenti e mostrando come la geografia influisca sui rapporti internazionali», in trent’anni di reportage da tutto il mondo Tim Marshall ha delineato e via via aggiornato le tematiche geopolitiche di, illustrato da Grace Easton e Jessica Smith.
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L’ottimismo e la speranza - La StampaAndrà tutto bene, dissi anni fa a un caro amico col padre in carcere. No, mi rispose, è già andato tutto male. Avrei dovuto dirgli, se avessi compreso me stesso, che non era ottimismo ma speranza. Nessuno di noi aveva torto. Non ha torto Domenico Quirico quando si chiede se ci affacceremmo alle finestre per cantare, se abitassimo a Bergamo – finestre ovunque già più chiuse, già più mute, finiti gli applausi a medici e infermieri, spente le torce dello smartphone a illuminare la lunga notte. No, ha ragione lui, non lo faremmo. Avremmo un rispetto sacrale della morte e io, che vivo a Roma, ma niente mi è più vicino del lutto bergamasco, non mi sono affacciato né a cantare né a battere le mani né altro. Però guardo gli operai bergamaschi che cantano “la gente come noi non molla mai” e gli striscioni con scritto “andrà tutto bene” davanti all’ospedale Papa Giovanni e i disegni dei bambini su Facebook con la tenacia dell’ottimismo. Anzi, della speranza. La differenza è spiegata bene nel catalogo della mostra su Václav Havel curata da Ubaldo Casotto e Francesco Magni per la fondazione di Maurizio Lupi. Havel fu il primo presidente della Cecoslovacchia dopo la caduta del Muro. La dittatura comunista lo aveva incarcerato più volte, ma non poté impedirgli di dire che “la speranza non è la stessa cosa dell’ottimismo”. La speranza, diceva, non è il rallegrarsi del buon andamento delle cose né nello spendersi in imprese destinate a successo, è invece la convinzione di impegnarsi in qualche cosa che ha un senso, indipendentemente da quale sarà il risultato. “Andrà tutto bene” racconta il coraggio della speranza.
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