Questo articolo esplora le diverse sfaccettature della vita di Vittorio Emanuele di Savoia, l'erede al trono d'Italia. Dall'infanzia giocosa trascorsa a Napoli a una vita segnata da esilio e scandali, il testo ripercorre le tappe più significative della sua vita, focalizzandosi sul suo rapporto con le armi e le controversie che le hanno accompagnato.
Nell'amata villa Rosebery, a Napoli, il piccolo Principe era riuscito a costruirsi, per giocare ai pirati con le sorelle, una finta pistola con due maniglie di porta legate a un pezzo di tubo di gomma. L'aveva assemblata grazie all'aiuto dell'agente di scorta. E si era guadagnato l'approvazione del nonno, gran cacciatore nonché re d'Italia, anche se ancora per poco.
«È bella, sembra proprio una pistola antica» aveva detto al nipotino che lo considerava un nonno affettuoso, anche se non capiva bene quale fosse il suo mestiere. L'episodio viene raccontato con qualche nostalgia per una breve infanzia dorata in Lampi di vita, biografia scritta da Vittorio Emanuele di Savoia con Alessandro Feroldi. Ed è simbolico di quella che poi sarebbe stata, per l'erede al trono d'Italia, una Vita in armi vissuta perlopiù in esilio. Simbolico non solo perché poi da grande con le armi il Principe ci avrebbe fatto fortuna trafficando con lo scià di Persia Reza Pahlavi, ma proprio perché un'arma gli avrebbe anche portato sfortuna nella tribolata vicenda in cui venne accusato di aver ucciso uno studente tedesco con la sua carabina che, chissà perché, teneva in barca sull'isola di Cavallo, dove passava volentieri le vacanze, a due passi dall'Italia. Ma una Vita in armi, la sua, anche per quel senso di puntuta revanche e di inadeguatezza poco regale che avrebbe accompagnato sempre ogni sua azione, ogni dichiarazione e ogni pubblica presa di posizione durante il dovizioso esilio ginevrino. Una dinastia agli sgoccioli che si era distinta più che altro per gli amori da rotocalco delle sorelle e quell'amore di Vittorio per la polemica. Carattere capriccioso a quanto pare quello del principe che, invaghitosi di Marina Ricolfi Doria, una borghese benestante, la sposa anche contro il volere del padre Umberto che, per quanto re esiliato, avrebbe voluto come nuora una testa più titolata, ma scelta comunque non avventata del giovane Vittorio Emanuele perché la signora più anziana di due anni esatti rappresenterà un solido appoggio al suo fianco e lo difenderà sempre con spirito da scudiero nelle molte occasioni che si sarebbero presentate. Nella lunghissima vicenda della morte dello studente tedesco di 19 anni Dirk Geerd Hamer, per esempio, colpito da una pallottola vagante nelle acque di Cavallo dove la sua barca aveva avuto la sfortuna di trovarsi vicina a quelle del principe e di Nicky Pende: il 18 agosto 1978, dopo una lite per il furto di un gommone ai danni del principe, Vittorio Emanuele spara due colpi di carabina. L'ipotesi d'accusa era che uno dei proiettili avesse colpito accidentalmente la coscia dello studente tedesco che stava dormendo e che muore nel dicembre dello stesso anno dopo una lunga agonia. Difeso da una batteria di avvocati che sostenevano che anche altre pallottole vagavano sul mare quella notte, Vittorio Emanuele era stato prosciolto dalla Camera d’accusa francese. La polemica è arrivata fino ai nostri giorni: recentissimo il documentario su Netflix di Beatrice Borromeo coniugata Casiraghi, principessa cronista che ha rivertido il caso. Del resto ci aveva pensato lo stesso Vittorio Emanuele a rifocolare le polemiche quando, arrestato nel 2006 dal Pm Henry John Woodcock con l'accusa di associazione a delinquere (corruzione, concussione, gioco d'azzardo e altro), viene intercettato nel carcere di Potenza mentre si vantava di averla fatta franca, nel caso Hamer, proprio grazie alla bravura dei suoi avvocati. In quell'occasione, tornato libero con divieto di espatriare, il Principe si era fatto addirittura spiritoso: «La vita, a volte, è davvero molto strana: prima mi mandano in esilio e adesso non posso più lasciare l'Italia» aveva detto in un'intervista a Stefano Zurlo con amara ironia. «Ho preso un appartamentino in corso Vittorio Emanuele a Milano: i nomi di famiglia aiutano a non dimenticare l'indirizzo. Ma a parte le battute, questa vicenda mi ha molto leso». Ma Marina, ex campionessa di sci nautico pioniera di ogni lifting poco riuscito, rimaneva sempre al suo fianco, anche nella battaglia per riuscire finalmente a tornare in Italia: hanno insieme cercato plurime volte solidarietà in politici e presidenti della Repubblica, da Scalfaro a Cossiga fino a ottenere nel 2002 che venisse abolita la norma costituzionale che impediva agli eredi maschi di rientrare. Solo nel funerale a Superga Vittorio Emanuele aveva ritrovato una certa dignità con un cupo raduno monarchico quasi fuori tempo massimo per qualsiasi dinastia, figuriamoci per la periclitante famiglia erede al trono italico. Il Festival di Sanremo dei monarchici, l'aveva definito sul Foglio Michele Masneri, autore di plurime cronache dell'evento. Di sicuro finalmente si era calmata la faida con l'altro ramo pretendente al trono dei Savoia-Aosta, che al matrimonio di Felipe di Spagna aveva provocato uno scazzottamento fra cugin
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