Niko Romito: 'Il fine dining non è morto, anzi! È un momento di grande dinamismo'

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Niko Romito: 'Il fine dining non è morto, anzi! È un momento di grande dinamismo'
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Niko Romito, chef del Reale 3 stelle Michelin, afferma che il fine dining non è morto, ma sta vivendo un momento di grande dinamismo e creatività. Nel corso di un'intervista a Il Gusto, Romito sottolinea come la nuova generazione di cuochi italiani stia riscoprendo e reinventando il concetto di alta cucina, radicandola nella propria identità culturale e territoriale. L'esperienza gastronomica, secondo Romito, va oltre il cibo, includendo servizio, atmosfera e coerenza.

No, il fine dining non è assolutamente morto, anzi. Non confondiamo la difficoltà di fare impresa con la sua fine. Non ha alcun dubbio Niko Romito . Per lui, chef del Reale 3 stelle Michelin a Castel di Sangro in Abruzzo, l'esperienza è ricerca, nel piatto e in tutto quello che lo circonda. E da questo trae la sua forza, come racconta a Il Gusto nella cena-incontro al ristorante che porta il suo nome al Bulgari Hotel di Roma .

L'ultimo in ordine di tempo della catena del lusso che ha la sua impronta gastronomica in tutte le destinazioni nel mondo, da Parigi a Dubai. Il menu proposto rispecchia la stessa idea di ricerca fra l'immancabile Assoluto e piatti nuovi. Come gli Scampi, pepe rosa, prezzemolo e limone seguito da Calamaretti arrosto con verza, patate e dragoncello, la Sfoglia all'uovo con carciofi e salsa di pecorino ('Una lasagnetta in omaggio a Roma' la definisce lo chef), la Scarola glassata, crema di pinoli, pomodorini e misticanza ('Un piatto vegetale che non fa rimpiangere un secondo di carne o di pesce'). Con finale di Bonet e le sue (attese) bombette. Un'esplorazione 'alta' dei sapori e della loro personalità, guardando in avanti. L'alta cucina allora non ha solo un passato... 'Penso sia un momento di grande dinamismo e creatività, in cui siamo finalmente consapevoli del valore che la nostra tradizione possa avere per affrontare il futuro. Abbiamo smesso di guardare a modelli che non ci appartengono, per sviluppare qualcosa di nostro, nuovo, vero. In questi ultimi anni possiamo osservare in Italia un movimento entusiasmante di cuochi che affermano una nuova idea di alta cucina italiana. Finalmente radicata nella nostra identità culturale e territoriale, ma libera dai gioghi di una tradizione pensata come qualcosa di statico, intoccabile'. Quindi niente requiem come potrebbero invece indicare le chiusure e gli addii di diversi stellati? 'Che chiudano tanti ristoranti, centinaia all'anno in Italia, non è un mistero ma non riguarda solo gli stellati che sono una minoranza. Non bisogna confondere, ripeto, le difficoltà dei singoli con la morte dell'alta cucina. Certo, trovare l'equilibrio del sistema ristorante, tra creatività, sostenibilità ambientale e sostenibilità economica non è cosa semplice ma lo spazio, le idee e il pubblico ci sono. E dunque ci sono le possibilità. Io ho il Reale da 25 anni, tre stelle dal 2014 e posso dire che ogni anno il lavoro cresce, aumenta la clientela sia nazionale che internazionale, quindi bisogna distinguere'. E chi chiude? 'Quando un fine dining chiude è per variabili che non sono da attribuire alla crisi della ristorazione ma alla gestione del ristorante, alla sua offerta, il modello di servizio che non ha funzionato. E spesso perché non era tale da giustificare quell'esperienza in base al prezzo e al contenuto. Chi sceglie di provare l'alta cucina, e sono sempre di più i giovani, oggi si informa, studia con attenzione, capisce dove sta andando perché è un'esperienza che ha un costo'. Un costo alto, troppo secondo molti. 'Non è così, i costi sono proporzionali, dettati per esempio da quelli del personale. Ci si lamenta che il personale venga pagato poco e al tempo stesso che sia costoso chi paga molto bene i suoi dipendenti. Faccio poi anche un esempio concreto: nel mio ristorante a Castel di Sangro ho un menu degustazione a 230 euro, bevande escluse, con 14 portate. Se divido per ciascuna portata non si superano le 20 euro, quel che si paga in media in qualunque ristorante di fascia non alta, e non è legato alla quantità. Mi riferisco all'esperienza'. Che in pratica cosa è? 'Il costo di un piatto non dipende solo da quello che ci metto dentro ma anche su che ceramiche mangio, che ambiente metto a disposizione. L'esperienza gastronomica non è solo cibo, che e sì fondamentale ma c'è anche altro: c'è il servizio, la sala, ci deve essere coerenza da quando entri a quando esci. Credo che a volte si dicano un po' di banalità: se compro un auto di lusso so che non è un'utilitaria'. Una delle critiche fatte a Milano è che lì 'la gente non spende'. 'Milano è forse la città che premia di più la qualità e coloro che la riconoscono possono spendere tantissimo, dunque non è vero che lì non si spende, ciascuno porta la sua esperienza' E Roma? 'Sta crescendo moltissimo. Nel giro di cinque anni cambierà ancora in meglio. Stanno aprendo realtà importanti, nuovi alberghi dopo il Bvlgari due anni fa dove c'è il Ristorante Niko Romito. Molti colleghi stanno venendo qui, Ducasse al Romeo, Cracco tra poco. E il fine dining non è attrattivo solo per i turisti. Molta clientela è romana. Mi chiede se allora la Capitale batte Milano? Direi che sono uno a uno (sorride, diplomatico, ndr)'. Un altro appunto che si fa ai ristoranti stellati è che chi ci va, lo fa spesso per fare la foto con lo chef famoso 'Questo succede solo in Italia dove la cultura dell'alta ristorazione è recent

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