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La ragione dello stato di coma nel quale è precipitata la politica britannica sta quasi tutta in una legge approvata nel 2011, il Fixed Term Parliament Act.

In Europa ci si domanda se a Londra non siano tutti impazziti. Il Parlamento britannico era un esempio di concreta democrazia rappresentativa al quale si guardava per le nostre riforme, ed eccolo lì, impantanato da più di tre anni sulla Brexit, incapace di prendere una decisione. Una farsa, culminata con le tre lettere inviate a Bruxelles: una per chiedere un rinvio, l’altra per chiedere che non sia concesso, la terza per cercare di spiegare la ragione delle prime due.

Ma la ragione dello stato di coma nel quale è precipitata la politica britannica sta quasi tutta in una legge approvata nel 2011, il Fixed Term Parliament Act. Prima di questa norma un premier che non aveva più la maggioranza poteva indire elezioni anticipate.

A differenza di quello che accade negli altri paesi, in Gran Bretagna il Parlamento ha una sovranità assoluta: le leggi che approva non possono essere annullate da nessuno e l’unico vincolo imposto al potere legislativo è il divieto di approvare leggi impossibili da modificare o revocare da parlamenti futuri. Solo un sovrano, Carlo I, si oppose a questi principi e nel 1642 gli tagliarono la testa abolendo per un po’ la monarchia.

Ma perché i parlamentari non vogliono approvarla? Lo storico inglese Robert Tombs ricordava sul New York Times che c’erano stati molti altri referendum in Gran Bretagna, ma tutti erano stati vinti dal governo e dall’establishment. Quello sulla Brexit ha aperto invece per la prima volta un serio conflitto tra democrazia rappresentativa e democrazia diretta.

La verità che nessuno può confessare è che Westminster cerca da tre anni ogni pretesto per non obbedire a un voto popolare che ritiene in maggioranza sbagliato. Anche Churchill diceva che la democrazia non è una buona forma di governo, ma sapeva pure che tutte le altre sono peggio.

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