Il testo esplora come le politiche fiscali italiane influiscono sull'attrazione e la retention di talenti nel Paese. Si evidenzia come lo squilibrio tra salario lordo e netto, combinato con una tassazione eccessivamente gravosa per fasce di reddito medio-alto, spinga i giovani professionisti a migrare verso Paesi con sistemi fiscali più favorevoli.
I talenti decidono di trasferirsi in un Paese in base alla qualità della vita che quel Paese offre. Dipende da una molteplicità di fattori: la disponibilità di servizi, le reti sociali, la famiglia e la soddisfazione personale. Ma è indubitabile che il salario e le tasse pagate sui redditi giochino un ruolo decisivo. I giovani hanno meno necessità di servizi: necessitano meno di servizi sanitari e, non avendo ancora figli, di servizi per l'infanzia.
Un altro fattore fondamentale è la formazione, dato che un lavoro che insegna competenze importanti può garantire un salario più alto in futuro. Un caso emblematico sono gli ingegneri informatici, la spina dorsale di molte delle imprese che si trovano sulla frontiera tecnologica: Apple, Nvidia, Microsoft, Amazon, Meta, Google, Broadcom, Tesla. Il Paese in cui sono meglio pagati restano gli Stati Uniti, con una media di 110.140 dollari all'anno. L'Italia si trova molto più in basso con 32.579 dollari, tra la Spagna (36.323) e la Repubblica Ceca (29.721). Per le imprese italiane è difficile attirare talenti se non dai Paesi che offrono stipendi ancora più bassi, mentre gli ingegneri italiani sono attirati da chi offre stipendi maggiori. Diventa poi decisiva la leva fiscale. Rimodulando la tassazione sul lavoro, cercando di estenderne la progressività e razionalizzando bonus, detrazioni e decontribuzioni. I bonus sul lavoro dipendente degli ultimi anni sono stati disegnati in modo da massimizzare la redistribuzione delle risorse, dai redditi medio-alti a quelli bassi e medio-bassi. Questo obiettivo ha però sacrificato alcuni principi fondamentali che la tassazione del lavoro di un Paese che punta sulla crescita dovrebbe seguire, rendendo complicata la remunerazione dei talenti da parte delle imprese. Come illustrato dall'Ufficio Parlamentare di Bilancio in un'audizione in Parlamento i bonus e le detrazioni che si sono stratificati negli anni hanno creato una tassazione dei redditi da lavoro caotica. Ci sono addirittura casi in cui a un aumento dello stipendio lordo corrisponde una diminuzione di quello netto. Queste modifiche hanno ignorato le fasce di reddito medio-alto (sopra i 40.000 euro lordi annui, corrispondenti a circa 2.100 euro netti mensili). Un lavoratore che guadagna 50.000 euro si trova così a pagare la stessa imposta marginale di un dirigente che ne guadagna 200.000 euro. Un'anomalia dell'IRPEF italiana è quella di avere la soglia dello scaglione maggiore a un livello molto basso; questo livello era 75.000 euro ma è stato ridotto ulteriormente a 50.000 euro nel 2021. La situazione è diversa all'estero: in Francia questa soglia è posta a 177.106 euro, negli Stati Uniti a 609.351 euro e in Svizzera a 783.200 franchi svizzeri. Ponendo questa soglia a un livello relativamente basso, il fisco italiano colpisce i lavoratori dipendenti che ricevono uno stipendio medio-alto. Se approfondiamo il rapporto tra salario lordo e netto (utilizzando i dati Eurostat 2023) l'Italia si colloca tra i Paesi con uno dei rapporti più alti, superata solo dalla Spagna. Tuttavia, con l'aumentare del reddito rispetto alla media, il divario tra salario netto e lordo si amplia ulteriormente. Questo divario posiziona l'Italia sopra solo alla Germania, mentre tutti gli altri Paesi mostrano un rapporto più vantaggioso. Un individuo che percepisce il 167% dello stipendio medio nazionale riceve 59.361 euro netti in Germania, contro 34.034 euro in Italia. Una scelta interessante è quella che ha appena fatto il Portogallo. Dal 1° gennaio 2025 Lisbona ha deciso un cospicuo taglio delle tasse, per gli under 35 che decidano di mantenere o portare la residenza in Portogallo. Stranieri compresi. Lo strumento su cui poggia la “strategia di seduzione” del governo di Lisbona si chiama Irs Jovem. Le esenzioni promesse hanno uno spettro di 10 anni, e non più solo di 5, come fino all’anno scorso: nel primo anno chi ne beneficia verrà esentato dal versamento delle imposte sui redditi da lavoro per il 100% dell’imponibile, dunque le imposte vengono completamente azzerate. Dal secondo al quarto per il 75%; dal quinto al settimo per il 50%; infine dall’ottavo al decimo per il 25% dell’imponibile. «Come si fa a crescere se si perdono i giovani? Di fronte alla scelta del governo portoghese che cancella e riduce le tasse sul reddito dei più giovani dobbiamo tornare a riflettere sul tema dell’adeguamento dei salari», dice Antonella Massari, segretario generale di AIPB, Associazione Italiana Private Banking, associazione che rappresenta l’industria del wealth managemen
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