Three Mile Island: il Risveglio del Nucleare

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Three Mile Island: il Risveglio del Nucleare
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Un disastro nucleare passato, ma un futuro da scrivere. Ecco cosa dobbiamo sapere sul ritorno dell'energia nucleare e sul suo impatto sul mondo.

Il luogo da visualizzare per comprendere come stanno cambiando la percezione e il destino dell'energia nucleare nel mondo si chiama Three Mile Island . Per un paio di generazioni, queste tre parole hanno evocato timori paragonabili a quelli di Chernobyl: nel 1979 in questa centrale della Pennsylvania ci fu il peggior disastro nucleare nella storia degli Stati Uniti, livello 5 di una scala che arriva a 7, fusione parziale del nucleo e contaminazione dell'ecosistema.

Non ci furono vittime, ma l'impatto sull'immaginario fu enorme e quello sull'ambiente mai quantificato con esattezza. Quasi cinquant'anni dopo, nel 2028, la centrale di Three Mile Island sarà rimessa in attività. Il cliente sarà uno solo: Microsoft. Anche la destinazione sarà univoca: i nuovi data center per l'intelligenza artificiale. ChatGPT e affini hanno bisogno di quantitativi di elettricità mostruosi per funzionare, nel 2030 negli Usa sarà l'8% del totale. «L'IA sta gettando i sistemi energetici globali nel caos», ha scritto Bloomberg. La risposta a questo caos sembra una: tornare ad affidarsi all'atomo, che è una fonte costosa, ma adatta a chi ha bisogno di forniture continue (come i data center), affidabili e programmabili. Ed è per questo che Microsoft si è messa anche ad affrontare i fantasmi dentro i reattori di Three Mile Island. Prima di avere una discussione razionale su un argomento che provoca crisi di nervi anche negli esperti più scafati, dobbiamo liberarci proprio dai fantasmi: i timori per la sicurezza. Un disastro come Three Mile Island o Chernobyl può ripetersi? Per chiedere lumi ho scritto a Giovanni Ludovico Montagnani, ingegnere nucleare, attivista per il clima e coordinatore del tavolo energia degli Stati generali per il clima, l'assemblea degli ambientalisti italiani. Risposta: «Questa è una domanda semplice perché c'è univocità dal punto di vista tecnico e scientifico. I reattori sono intrinsecamente sicuri. Non parliamo solo dei reattori futuribili di quarta generazione, ma di tutti quelli realizzati negli ultimi decenni». Reattori pericolosi come Chernobyl, che usava la grafite come materiale per le barre di controllo, non vengono più costruiti da decenni. Anche il disastro di Fukushima ha cambiato le regole in caso di terremoto o tsunami. Secondo la World Nuclear Association il nucleare civile ha avuto tre gravi incidenti (Three Mile Island, Chernobyl e Fukushima) su un totale di 17mila anni di operatività in 33 paesi. Ho chiesto la stessa cosa a Gianluca Ruggieri, uno dei massimi divulgatori di questioni energetiche in Italia (e tutt'altro che un amico del nucleare). «Le questioni vere sarebbero altre, cioè tempi e costi. In Occidente si è lavorato molto sulla sicurezza». Non esiste rischio zero, esistono solo rischi accettabili, come sa chiunque prenda aerei, ma il paradosso del nucleare, dal punto di vista della sicurezza, è che fonti di energia più pericolose vengono percepite come più sicure. Quando la Germania ha iniziato a dismettere le centrali nucleari, si è trovata a riattivare, in piena crisi energetica, quelle a carbone. Dal nucleare al carbone il bilancio è in perdita, vivere accanto a una centrale a carbone aumenta il rischio di morte prematura per malattie respiratorie, problemi cardiovascolari, tumore ai polmoni. Secondo Our World In Data il carbone è la fonte energetica più letale: 24 vittime ogni TWh, seguita da petrolio (18), gas (2,8), idroelettrico (1,3), eolico (0,04), nucleare (penultimo con 0,03) e solare (0,02). Se dopo gli incidenti di Three Mile Island e Chernobyl avevamo assistito al declino del nucleare, oggi stiamo osservando quello che da molte parti si definisce (forse esagerando, almeno dal punto di vista dei numeri reali) come il suo rinascimento. All'ultima conferenza Onu sul clima a Baku, 22 Paesi hanno firmato un impegno per triplicare la potenza nucleare installata entro il 2050. Oggi ci sono circa 65 reattori in costruzione. La metà però è in Cina: questa è una delle critiche più frequenti a questa forma di energia che, come spiega Ruggieri, «è apprezzata da dittature e autocrazie, perché ha bisogno di investimenti centralizzati, continuità nel tempo lungo, controllo del territorio». Nell'Unione Europea sono tredici (su ventisette) i paesi che usano l'atomo, nel 2021 la Commissione l'ha inserito tra le fonti riconosciute come sostenibili, anche se ci ha messo pure il gas, il che non ha giovato alla credibilità di questa tassonomia. È un fatto, però, che in un mondo proiettato verso l'azzeramento delle emissioni, il nucleare sia una delle opzioni, dal momento che non è una fonte fossile che emette CO2. Anche tra gli attivisti per il clima possiamo distinguere una faglia generazionale. Chi ha vissuto il movimento anti-nucleare degli anni 80, e ricorda il terrore post Chernobyl, non è disposto ad accettare che l'atomo possa avere buone credenziali ecologiche. I più giovani invece sono, se non altro, più possibilist

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