L'analisi dell'impatto del conflitto russo-ucraino sull'Europa, la sua politica estera e il ruolo degli Stati Uniti.
Tre anni hanno radicalmente trasformato il panorama europeo: economico, sociale, geopolitico e culturale. Un conflitto iniziato a febbraio 2022 e proseguito fino a novembre 2024 ha seguito un corso unico. Sin dalla prima settimana, si è delineato chiaramente quale fosse lo schieramento in campo. Per l'occidente democratico, il 24 febbraio 2022, il presidente americano Joe Biden annuncia: «Abbiamo formato un'alleanza di oltre 50 paesi al fianco dell'Ucraina».
Una coalizione «Usa Allied & Partners» per sconfiggere l'autocrazia della Federazione Russa, che, secondo Biden, aveva invaso l'Ucraina in modo «unprovoked». Gli Stati Uniti guidano la strategia della coalizione, seguendo le linee indicate dallo studio del 2019 della Rand Co. «Overextending Russia». Si combattono due guerre: una sul campo, con gli ucraini come fronte di battaglia, e una economica, con la strategia bellica degli Alleati. «È in corso una battaglia tra democrazia e autocrazia e la democrazia prevarrà» (Biden 2022), «Dichiarare l'impossibilità di condurre trattative con il Presidente della Federazione Russa V. Putin» (Zelensky legge 679/2022), «Le sanzioni che abbiamo imposto a Mosca hanno avuto un effetto sulla macchina bellica russa, sulla sua economia» (Draghi 2022), «L'Ucraina non sarà mai una vittoria per la Russia» (Biden 2023), «La pace arriverà solo quando l'Ucraina... » (Borrell 2023). «Stanziare 3 miliardi di sterline all'anno di sostegno militare all'Ucraina fino al 2030/31 e per tutto il tempo necessario» (Starmer 2024), «Un maggiore supporto militare all'Ucraina e sanzioni». Questa furia bellica, cieca di diplomazia, ha costretto l'Ucraina a pagare un prezzo altissimo: migliaia di vite umane, un numero imprecisato di civili, una parte del suo territorio, la distruzione delle principali infrastrutture produttive, l'esodo di quasi sei milioni di persone e un'economia che sopravvive grazie a prestiti esteri. Anche l'Europa ha sostenuto un pesante costo: oltre 120 miliardi di euro in armi, un'economia compromessa dagli effetti boomerang delle sanzioni a Mosca, Germania in recessione da due anni e prezzi dell'energia rispetto al 2021 cinque volte superiori a quelli statunitensi. Soprattutto, un profondo e drammatico allontanamento dalla Federazione Russa, dai rapporti economici e diplomatici fino a quelli sociali. Gianandrea Gaiani, analista politico, afferma che «La guerra ora non è più ideologica, ma business. L'Europa resta tagliata fuori» e propone un nuovo corso per il conflitto: porre fine alla guerra il prima possibile attraverso una trattativa. Questo testimonia come per gli «Usa Allied & Partners» sia Washington ad imporre le regole di ingaggio e Kiev ad essere solo un fedele. Zelensky, nel giro di due mesi, cambia anche lui la visione ucraina del conflitto, passando da «armi a Kiev, tante, subito e potenti» e da «negoziare con Mosca significa consegnare la vittoria a Putin» a «negoziazione subito e trattativa con urgenza». Solo l'Ue, oggi con una Commissione «baltica», si è mantenuta ad una politica bellicista, stavolta però per sé stessa contro la Russia, spostando il mantra «armi subito e tante» dall'Ucraina all'Europa in piena ebbrezza bellica. Ma questa politica ha seminato e partorito non solo le premesse per una nuova Guerra Fredda europea, ma anche un nuovo scenario geopolitico di alleanze e partnership orientato verso est. Agli Usa andrà in premio la maggior parte del business della ricostruzione ucraina, a iniziare dai minerali rari («A chi ha dato di più noi daremo di più», Zelensky 2025). All'Europa l'onore/onere di far entrare subito nella Ue un paese, sottoscrivendo l'offerta Sostenitore e diventando così parte attiva della nostra community
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