Palazzo Bonaparte di Roma ospita una mostra imperdibile dedicata all'artista norvegese Edvard Munch. Oltre 100 capolavori, tra cui versioni rare di 'L'Urlo', esplorano il suo universo tormentato e poetico, svelando il 'grido interiore' che lo ha guidato in tutta la sua carriera.
Penso alla Cappella Sistina...Trovo che sia la stanza più bella del mondo'. Sono le parole dette da Edward Munch che, nel 1927, trascorse un mese a Roma . Quasi 100 anni dopo l'artista norvegese fa ritorno nella Capitale, protagonista di una mostra a Palazzo Bonaparte .
Il percorso espositivo, su due piani, vuole proprio narrare il grido interiore di Munch che va ben al di là de 'L'urlo' che tutti conosciamo, portando il visitatore a scoprirne i tormenti, le malattie, i dolori attraverso oltre 100 capolavori prestati eccezionalmente dal Munch Museum di Oslo. Munch - il grido interiore, dopo aver registrato un recordo assoluto in mostra a Milano, sarà nella Capitale dall'11 febbraio al 2 giugno, nella cornice di Palazzo Bonaparte in piazza Venezia, prodotta e organizzatada Arthemisia che inaugura una delle mostre più attese dell'anno giubilare e celebra anche il 25esimo anno di vita. 'Munch è uno degli artisti più amati al mondo ma anche uno dei più difficili da vedere, perché la maggior parte delle opere è conservata al Munch Museum di Oslo che, per questa occasione, eccezionalmente, ha acconsentito ad un prestito fuori dall'ordinario di ben 100 capolavori' , ha sottolineato Iole Siena, presidente di Arthemisia, alla conferenza stampa di presentazione della mostra, tenutasi nella mattinata di lunedì 10 febbraio a Palazzo Bonaparte. Nel pomeriggio, in programma la visita del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e della regina Sonia di Norvegia, prima dell'apertura ufficiale al pubblico. Due piani, sette sezioni e ben 100 opere di Edvard Munch per raccontare uno degli artisti più apprezzati al mondo. Le iconiche La morte di Marat (1907), Notte stellata (1922–1924), Le ragazze sul ponte (1927), Malinconia (1900–1901), Danza sulla spiaggia (1904), nonché una delle versioni litografiche de L’Urlo (1895). La mostra racconta l’intero percorso artistico di Munch, dai suoi esordi fino alle ultime opere, attraversando i temi a lui più cari, collegati gli uni agli altri dall’interpretazione della tormentata essenza della condizione umana. Nel corso della sua lunga vita Edvard Munch realizzò migliaia di stampe e dipinti. Essendo tanto un uomo d’immagini quanto di parole, riempì fogli su fogli di annotazioni, aneddoti, lettere e persino una sceneggiatura per il teatro. L’esigenza di comunicare le proprie percezioni, il proprio 'grido interiore', lo accompagnò per tutta la vita, e proprio questa attitudine è stato il motore della sua pratica come artista, che ha toccato tanto temi universali - come la nascita, la morte, l’amore e il mistero della vita – quanto i disagi psichici necessariamente connessi all’esistenza umana - le instabilità dell’amore erotico, il disagio prodotto dalle malattie fisiche e mentali e il vuoto lasciato dalla morte. Da una prima sezione intitolata 'Allenare l'occhio' che ruota attorno alla frase 'Non dipingo la natura: la uso come ispirazione, mi servo dal ricco piatto che offre. Non dipingo cosa vedo, ma cosa ho visto', si viaggia tra corpi che si incontrano e si separano, con un focus sul bacio e tutte le rappresentazioni che l'artista ne ha fatto. In mostra, nello specifico, sono presenti opere come Il Bacio (1897), Bacio vicino alla finestra (1891), Coppie che si baciano nel parco (Fregio di Linde) del 1904 e Madonna (1895). Si arriva, poi, alla sezione dei Fantasmi, quella che più di tutte trasmette il tormento di Edward Munch: 'La malattia fu un fattore costante durante tutta la mia infanzia e la mia giovinezza. La tubercolosi trasformò il mio fazzoletto bianco in un vittorioso stendardo rosso sangue. I membri della mia cara famiglia morirono tutti, uno dopo l’altro', si legge su una delle pareti di Palazzo Bonaparte, per immergere il visitatore in una sala dove sono esposte opere come Sera. Malinconia (1891), Disperazione (1894) L’urlo (1895), Lotta contro la morte (1915) e La morte nella stanza della malata (1893). Dell'Urlo è in mostra una delle versioni litografiche realizzate dall'artista norvegese. Un aspetto poco noto del lavoro di Munch e che questa mostra permette di conoscere, è il suo debito verso l’Italia. Il suo primo viaggio nella Penisola risale al 1899, assieme alla sua amata Tulla Larsen: Firenze, Milano e poi Roma dove trascorse un mese della sua vita, nel 1927, come anticipato. In occasione di tale viaggio, si reca in pellegrinaggio al Cimitero Acattolico per visitare la tomba dello zio, Peter Andreas Munch, lo storico più famoso di tutta la Norvegia, morto a Roma lo stesso anno della nascita di Edvard. In questa sezione della mostra è possibile ammirare La tomba di P.A. Munch a Roma (1927) che ritrae uno scorcio del cimitero acattolico romano dove è sepolto lo zio (storico norvegese considerato il fondatore della scuola di storia L'esposizione a Palazzo Bonaparte porta il visitatore, infine, attraverso la cosmologia personale di Munch fino a lasciarci con la sua eredit
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