La Cina e il Mekong: un fiume di opportunità e preoccupazioni

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La Cina e il Mekong: un fiume di opportunità e preoccupazioni
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L'espansione cinese lungo il fiume Mekong, con progetti di infrastrutture e zone economiche speciali, sta suscitando preoccupazioni negli altri paesi della regione. Il nuovo canale Funan Techo in Cambogia è un esempio emblematico di questa crescente influenza cinese, che sta cercando di aumentare la sua presenza nell'area e di rafforzare le proprie relazioni con le nazioni del Mekong.

La presenza della Cina lungo il grande fiume asiatico, con megainfrastrutture e zone economiche speciali, sta diventando ingombrante. E gli altri paesi dell'area reagiscono in modi diversi. Pochi chilometri a valle del porto fluviale di Phnom Penh, in Cambogia, il Mekong si apre sulla pianura come un largo nastro d'argento gonfio d'acqua per le piogge monsoniche.

Qui, vicino a uno stretto canale che corre verso sud, un enorme striscione campeggia sopra una fabbrica di sementi con la scritta nei tondeggianti caratteri khmer: “Siamo favorevoli al canale Funan Techo”. Fino all'inizio di ottobre era stata ampliata in modo sommario solo una struttura esistente. Ma è qui che il primo ministro cambogiano Hun Manet ha scelto di inaugurare il 5 agosto 2024 il cantiere del futuro canale, definito un “monumento vivente alla grandezza dell'antico impero Funan”, il nome cinese del primo regno khmer, esistito tra il primo e il settimo secolo. La data dell'inaugurazione, diventata un giorno festivo, era la stessa del 72° compleanno di Hun Sen, l'uomo forte della Cambogia, che continua a dominare la politica nazionale anche se nell'estate del 2023 ha ceduto al figlio, dopo trentotto anni, la poltrona di primo ministro. “Techo” è uno dei suoi titoli onorifici, e significa “grande comandante”. Il Funan Techo, con un costo stimato di 1,7 miliardi di dollari, lungo 180 chilometri e largo fino a cento metri, permetterà il passaggio di navi mercantili di tremila tonnellate fino a Sihanoukville, unico porto con acque profonde del paese. Così la Cambogia potrà “respirare con il suo naso”, come ripetono con insistenza i mezzi d'informazione ufficiali, cioè non dipenderà più dai porti vietnamiti del delta del Mekong per trasportare le sue merci. Nel sudest asiatico non capita spesso che il semplice progetto di un canale, per quanto ambizioso, attiri tanta attenzione. Il fatto è che il possibile coinvolgimento di una società statale cinese nella costruzione e nella gestione del progetto suscita preoccupazioni sulle ambizioni strategiche di Pechino nella regione del Mekong. Lungo 4.350 chilometri, il fiume ha origine nelle cime tibetane dell'Himalaya cinese con il nome di Lancang, costeggia la Birmania e la Thailandia, attraversa il Laos in tutta la sua lunghezza e la Cambogia da nord a sud, per poi arrivare in Vietnam, dove si perde nel torpore di un delta che distribuisce le sue acque brunastre nel verde delle risaie. Cinque paesi su cui la Cina cerca da più di un decennio di aumentare la sua influenza. In nome della condivisione di questo fiume, Pechino moltiplica le iniziative del meccanismo di cooperazione Lancang-Mekong Corporation (Lmc), creato su proposta della Cina nel 2016 e con sede presso il ministero degli esteri di Pechino. Ogni anno i capi delle diplomazie dei sei paesi interessati si riuniscono. In queste riunioni la Cina fornisce aiuto, formazione e la sua buona parola: la “comunità dal destino condiviso” che Pechino vuole forgiare con gli altri paesi interessati dal grande fiume. La Cambogia ostacola qualunque azione collettiva contro l'affermazione dell'autorità della Cina sul mar Cinese meridionale “Il Mekong ha un ruolo strategico per Pechino”, ricorda Simon Menet, autore di “Proteggere, controllare e modellare: la strategia di sicurezza della Cina nel Mekong” uno studio del 2023 per la Fondazione di ricerca strategica (Frs) . “L’Lmc è la struttura di cooperazione più organizzata, più attiva e meglio attrezzata della regione. È una sorta di laboratorio di sperimentazione delle manovre di influenza cinesi”. Attraverso il Mekong la Cina cerca di garantirsi l'influenza sul suo fianco sudoccidentale, cioè la parte continentale dell’Associazione delle nazioni del sudest asiatico (Asean), di cui fanno parte dieci paesi, tra cui i cinque attraversati dal fiume. Un obiettivo diventato molto importante dopo che gli Stati Uniti, grandi rivali di Pechino, nel 2009 hanno invitato Birmania, Cambogia, Laos, Thailandia e Vietnam nella Lower Mekong Initiative, una delle iniziative di Barack Obama in Asia. “La cooperazione per il Mekong è un modo di rendere questi paesi più dipendenti da Pechino, e di evitare che si schierino completamente al fianco degli Stati Uniti”, osserva l’esperto cambogiano Vanly Seng. Questa influenza passa per l'economia. Così si sono moltiplicate delle “zone economiche speciali” – sorta di enclave cinesi garantite da contratti di lunga durata – in Laos, in Birmania e in Cambogia lungo la “nuova via della seta”, il megapiano infrastrutturale lanciato nel 2013 da Xi Jinping. Le aziende cinesi inoltre sono coinvolte nella realizzazione di strade e linee ferroviarie in Laos (dal 2022), in Thailandia (ancora in fase di progetto) e presto in Vietna

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