Il Lazio bloccato sul diritto al suicidio assistito: la maggioranza di Fratelli d'Italia fugge dal dibattito

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Nuovo appello per un intervento legislativo urgente sul fine vita in Lazio. La proposta di legge Liberi Subito è ferma nei cassetti del Consiglio Regionale da 450 giorni, nonostante il diritto sia riconosciuto dalla Corte Costituzionale.

Mentre la Regione Toscana ha approvato la prima legge regionale sul fine vita, nel Lazio la proposta di legge Liberi Subito dell'associazione Coscio depositata da me, dalla collega Tidei e da altri consiglieri di PD e M5S è ferma nei cassetti del Consiglio Regionale da ben 450 giorni. Un immobilismo grave che nega ai cittadini del Lazio una strada certa per l'accesso a un diritto già sancito dalla Corte Costituzionale con la sentenza 242/2019.

Lo scorso 12 febbraio, in Consiglio Regionale, abbiamo chiesto la parola per sollecitare con urgenza la calendarizzazione della nostra proposta di legge in Aula. Ogni giorno che passa senza un intervento normativo è un giorno in più di incertezza per i malati terminali che, con sofferenza e dignità, chiedono di poter esercitare una scelta dolorosa, ma garantita dall'ordinamento giuridico italiano. Eppure, di fronte alla nostra richiesta, la maggioranza guidata da Fratelli d’Italia ha scelto di fuggire dal dibattito, abbandonando l’Aula. Un gesto senza precedenti per una forza di maggioranza, che dimostra non solo la mancanza di idee e di argomenti, ma anche il disprezzo per il confronto democratico su un tema così delicato. Nelle ore successive il Presidente della Regione, Francesco Rocca, ha affermato che il Lazio avrebbe già un regolamento per adempiere alle disposizioni della sentenza 242/2019. Un'affermazione che sembrerebbe smentire quanto dichiarato solo pochi giorni fa (il 5 febbraio) dal suo stesso Assessore al sociale, il quale aveva affermato in Aula che le Regioni non possono intervenire su questa materia nemmeno con atti normativi secondari, regolamenti o linee guida. Una contraddizione evidente, che dimostra come la maggioranza di centrodestra stia cercando di sviare il dibattito, forse per compiacere le associazioni integraliste che osteggiano ogni progresso su questo tema.Questa battaglia si svolge su un terreno difficilissimo, perché tocca la vita e la dignità delle persone nel loro momento più fragile. E proprio per questo respingiamo al mittente ogni accusa di strumentalizzazione. Non è una questione ideologica, ma una battaglia di trasparenza e giustizia. La Regione Lazio ha il dovere di chiarire cosa sta facendo per garantire che casi come quello di Sibilla Barbieri non si ripetano mai più. Il diritto al suicidio medicalmente assistito è stato riconosciuto dalla Corte Costituzionale e le Regioni hanno il dovere di applicarlo con strumenti anche normativi chiari ed efficaci. Se la destra ritiene di dover impedire l’accesso a questo diritto, lo dica apertamente e si assuma la responsabilità di vietarlo colmando il vuoto normativo nazionale, piuttosto che nascondersi dietro cavilli giuridici o fughe dal confronto istituzionale. Noi, invece, continueremo a batterci per dare voce e dignità a chi oggi soffre e chiede solo il diritto di decidere sul proprio corpo con umanità e rispetto

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