Un'indagine su alcuni membri del governo italiano ha riacceso l'attenzione sul Tribunale dei Ministri, organo giudiziario speciale che si occupa di reati commessi da ministri e dal Presidente del Consiglio nell'esercizio delle loro funzioni.
Prima era la Corte costituzionale competente sui ministri, ma dal 1989 una legge costituzionale stabilisce che il presidente del Consiglio e i componenti del governo, per reati compiuti nell'esercizio delle loro funzioni, non sono indagati dalle normali procure ma da un particolare collegio di giudici. Il cosiddetto «tribunale dei ministri» esiste in ogni distretto di Corte d'Appello ed è composto da 3 magistrati sorteggiati ogni 2 anni.
L'indagine in corso su alcuni esponenti del governo, tra cui il sottosegretario Alfredo Mantovano e i ministri Matteo Piantedosi e Carlo Nordio, con l'accusa di favoreggiamento e peculato legati alla liberazione del libico Almasri, ha acceso i riflettori su quest'organismo che ha avuto la sua maggiore notorietà ai tempi di Tangentopoli, quando fior di ministri passavano con facce spettrali nella porticina dell'ufficio di piazza Adriana, accanto al Palazzaccio della Cassazione, per essere interrogati. La premier Giorgia Meloni non ha ricevuto un «avviso di garanzia» dalla procura di Roma guidata da Francesco Lo Voi, ma la comunicazione della trasmissione degli atti alla sezione specializzata per i reati ministeriali di Roma. Quando i pm vengono investiti di un caso, come per l'esposto dell'avvocato Luigi Li Gotti, che riguarda un membro di governo devono appunto inviare tutto al tribunale dei ministri competente «omessa ogni indagine» e avvertire gli interessati. Esiste solo una prima valutazione sommaria. Il tribunale dei ministri ha 90 giorni per decidere se archiviare e il provvedimento non è impugnabile, inviare gli atti a un'altra autorità giudiziaria se ritiene si tratti di un reato compiuto al di fuori delle funzioni ministeriali, o proseguire l'indagine. In quel caso gli atti tornano alla procura, che dovrà chiedere un'autorizzazione alla Camera in cui è stato eletto il premier o il ministro (per Meloni, la Camera) o al Senato se non è un parlamentare, come Piantedosi. La Camera in questione può negare l'autorizzazione, se ritiene che si tratti di un atto «per la tutela di un interesse dello Stato», ovvero «nell'esercizio della funzione di governo». Se invece la concede, il giudizio di primo grado spetta al tribunale ordinario del capoluogo del distretto di corte d'appello competente per territorio
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