Il sesto rapporto annuale sull'Osservatorio Domina svela le dimensioni economiche del lavoro domestico in Italia, con un impatto significativo sulla produzione e un risparmio per lo Stato.
Le famiglie italiane investono complessivamente 13 miliardi di euro per il lavoro domestico , con colf e badanti, generando un impatto sulla produzione di 21,9 miliardi di nuovi beni e servizi. Questo rappresenta un risparmio per lo Stato di circa 6 miliardi, pari allo 0,3% del PIL, equivalente al costo che il governo dovrebbe sostenere se gli anziani assistiti a domicilio fossero costretti a ricoverarsi in strutture.
Questi dati emergono dal sesto rapporto annuale sul lavoro domestico a cura dell'Osservatorio Domina, presentato oggi in Senato, che offre una panoramica sulla realtà e le tendenze del lavoro domestico in Italia, analizzando per la prima volta anche l'indotto. Secondo i dati aggiornati dell'Istat, il tasso di irregolarità nel lavoro domestico, sebbene in diminuzione negli anni, rimane elevato, attestandosi al 47,1% nel 2022. L'irregolarità influenza anche la spesa complessiva: 7,6 miliardi derivano dalla componente regolare e 5,4 miliardi da quella irregolare. Il settore, coinvolgendo lavoratori e datori di lavoro, rileva circa 1,7 milioni di persone censite dall'INPS. Applicando il tasso di irregolarità stimato da Domina, il numero di persone coinvolte quasi raddoppia, superando i 3,3 milioni. Il lavoro domestico, secondo il rapporto, produce 15,8 miliardi di valore aggiunto, pari a un punto percentuale di PIL. Tuttavia, considerando l'intero settore della cura (care economy), il valore economico sale a 84,4 miliardi di euro, il 4,4% del PIL totale
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