“L’antisemitismo comincia dalle parole”
DALL’INVIATA AD HALLE . La Germania ha un problema di antisemitismo. Più passano le ore dall’attentato alla Sinagoga di Halle, più diventa chiaro che non è sufficiente il ritiro sociale, l’isolamento, i pomeriggi su Internet, pochi amici e nessuna ragazza per spiegare la furia che si è impadronita di Stephan Balliet, 27enne della provincia tedesca, e che lo ha portato a sfiorare una strage il 9 ottobre.
«Succede molto spesso che dalle parole si passi ai fatti - ha detto ieri la cancelliera Merkel nel commentare l’attentato - non dobbiamo sottovalutare il peso delle parole». Il riferimento è a un dibattito pubblico che negli ultimi tempi si è avvelenato, soprattutto nei confronti degli stranieri, e che purtroppo ha mostrato di ritrovarsi nel suo bersaglio più antico: l’ebreo.
Il presidente della comunità israelitica di Lipsia Kuef Kaufmann parla di una «società malata», in cui l’odio per il diverso comincia dalle parole e, di nuovo, termina con i fatti. «L’antisemitismo è presente - riconosce - ed è sempre collegato alla violenza». Kaufmann però solleva qualche dubbio sul fatto che la soluzione sia nell’aumento dei controlli di sicurezza.
«Più controllo non significa più accettazione», fa notare Kaufmann. Sinagoghe con i metal detector, scuole con le perquisizioni all’ingresso, continua ostensione di biglietti e lasciapassare: no, quello dei pochi controlli non è un argomento a favore della sicurezza degli ebrei, casomai è il segno del suo esatto contrario. Gli ebrei, in Germania, non sono al sicuro.
Sul banco politico degli imputati sono finiti dunque i rappresentanti del partito di estrema destra Alternative fuer Deutschland , che proprio nei Laender dell’ex Germania Est fa il pieno di consensi. I leader locali hanno respinto ogni accusa: «Siamo contro ogni forma di violenza e condanniamo il brutale attacco di Halle», hanno detto.
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